Sei qui: HomeSpeleologiaAstrea 20 anni dopo

Astrea 20 anni dopo

Nel 1993 il gspi giungeva al lago sifone a quota meno 665, fondo dell’Abisso Bagnulo e di Astrea che vi si congiunge nella zona dei laghi, dopo un meandro terribile nominato, non a caso, Inferno di Cristallo. Sono passati 20 anni e di quella zona abbiamo sempre sentito racconti epici, con descrizioni terribili in un caso e fantastiche in altri casi, ma solo racconti speleo, dopo un’escursione, magari a cena dalla Piera: niente foto, niente schede d’armo, niente che potesse offrire un’idea più precisa. Da qui nasce il progetto: per i 20 anni del fondo di Astrea vogliamo consegnare qualcosa di più preciso agli speleo frequentatori delle nostre amate Apuane.

Condivido idee e organizzazione con Giovanni Bucarelli e Andrea Russino, inoltre mi consulto con la memoria storica del Gruppo: Roberto Giuntoli o, meglio, Il Giuntoli, con l’articolo davanti.

Come nelle migliori tradizioni: “se sembra difficile sarà impossibile” o quasi… La memoria non può essere precisa e i “ci dovrebbe essere”, “dovresti trovare”, “portati in più per sicurezza” abbondano. C’è da riarmare diversa roba, quindi dobbiamo suddividere il lavoro in diversi capitoli.

Capitolo 1: dal Cuore Nero al Lago Pisa.

La grotta è armata fino all'attacco del Cuore Nero (P 47). L’ingresso va armato con una 45 e 5 moschettoni. Fino alla strettoia di San Ranieri la via è obbligata e basta seguire le corde. La strettoia si trova lungo la via dell’acqua. Superatala, la via torna obbligata, tutta su corda ad eccezione di due brevi meandri.

Dal Cuore Nero in poi si segue nuovamente l’acqua. Dal fondo del pozzo si prosegue e si incontra un altro salto (P31) con un breve avvicinamento su traverso in salita. Segue un saltino di 5 metri, collegabile alla corda del P31. Da qui la via continua risalendo in libera la paretina di fronte: alzando gli occhi una bella freccia nero fumo cancellerà ogni vostro dubbio. NON seguite l’acqua. Da qui Inizia il meandro Michelazzo.

Dopo pochi metri di meandro si incontra un bivio, dove occorre seguire la via sulla destra (indicazione COCOON). Il ramo che va verso sinistra conduce invece verso i rami di Urubamba, passando per una piccola galleria concrezionata. Al ritorno, la via non è evidente, ma basta ricordarsi di dare le spalle alla scritta. Poco più avanti il meandro curva a gomito verso sinistra. Continuate sempre in orizzontale ignorando un paio di sfondamenti che si aprono sotto di voi fino a che non incontrate uno sfondamento con due frecce a 90 gradi sulla parete alla vostra destra che vi suggeriscono di scendere. Se, proseguendo lungo il meandro, vi trovate su uno sfondamento che dà su una sala sottostante, tornate indietro di un paio di metri, perché avete appena superato il punto di discesa. Una volta scesi, rivolgendo la faccia alle frecce verticali utili per il ritorno, proseguite verso destra e scendete nella saletta sottostante in facile disarrampicata. SIETE FUORI DAL MICHELAZZO!

Al ritorno è facile sbagliare la via, col rischio di finire nello stretto. Per non sbagliare, salite fino in cima alla parete. A mezza altezza si apre una via alla vostra sinistra, ignoratela e continuate a salire. Raggiunta la parte più alta, spostatevi a sinistra e incontrate le frecce che salgono. Continuate a salire ancora fino a che non trovate, questa volta alle vostre spalle, le frecce ricurve dell’andata; da qui in poi continuate a seguire sempre il meandro in orizzontale.

Una volta scesi nella saletta la via è obbligata e ritorna dentro un secondo meandro non molto lungo che finisce su un bivio; l’indicazione COCOON vi guiderà sulla destra. Il pozzo Cocoon si apre poco più avanti: un bellissimo e grande salto di 70 mt. Una volta in fondo, non seguite l’acqua, ma imboccate la finestra che si apre subito di fronte a voi e che conduce al Campo Base, una saletta confortevole e dal fondo sabbioso.

La via continua oltre il campo base, attraversando un paio di passaggi strisciando sulla sabbia, quindi una galleria discendente che sembra chiudere. Da qui un piccolo passaggio a sinistra che va a stringere è l’unica via da seguire. Due punti del passaggio possono essere particolarmente selettivi, ma il fondo sabbioso aiuta un po’. Usciti dalla strettoia, tenete la destra e salite lungo la condotta fino ad incontrare una corda fissa che sale su un saltino di pochi metri. Il meandro che segue va interamente percorso alla base. Superate due pozzette d’acqua quindi scendete un piccolo saltino e continuate lungo il meandro. Segue l’Onore dei Pizzi (P 36). In fondo, scendendo sulla destra, il Lago Pisa: lago pensile, dove si sono immersi i fiorentini fino alla profondità di 40 mt! La via per il fondo continua invece subito sotto i grandi massi alla base dell’Onore dei Pizzi. L’imbocco si trova subito di fronte alla cascata. E’ l’imbocco dell’Inferno di Cristallo.

Capitolo 2 Dall’Inferno di Cristallo al lago Astrulo.

Gli ultimi 200 metri di dislivello. Quanto ci vorrà mai a farli. Il Giuntoli ci racconta di uscite dalle 20 alle 30 ore. Sembra impossibile… ma non lo è affatto. L’Inferno di Cristallo non si concede facilmente: è una fessura verticale molto alta e stretta, sul fondo del quale scorre l’acqua proveniente dal lago Pisa. Ha il problema di tutte le fessure verticali: non sai mai se devi stare basso, alto, al centro per poi scoprire semplicemente che in alcuni punti devi stare alto, in altri basso e in altri ancora al centro… basta scornarsi un bel po’ nello stretto per trovare la strada. Ci alterniamo quindi nella ricerca con sicure di tipo alpinistico, condito da sacchi che volano in fessura, recuperi a testa in giù di materiale, ritrovamento di corde ventennali e nuovi armi da allestire col trapano gentilmente offerto dal Gsav.

Proviamo a darvi indicazioni utili:

C’è subito da armare un P 26: l'inizio non rende giustizia al meandro, ma non cantate vittoria, avrete modo di ricredervi più avanti.

Seguite la corda fissa in salita e un traverso nello stretto. Finita la corda, si potrebbe scendere, ma non ci sono attacchi evidenti. La via invece si individua continuando nello stretto lungo il meandro. Poco più avanti uno spit indica che è la via giusta. Al posto dello spit è possibile allestire anche un naturale, quindi si scende in diagonale continuando ad avanzare (per comodità conviene avanzare prima in orizzontale, e poi scendere perpendicolarmente e lo stesso accorgimento va seguito al ritorno o si rischia di finire incastrati nello stretto, specie se procedete con sacchi a seguito). Poco più giù, in corrispondenza di un masso, approntate un secondo attacco su un altro spit o un naturale e scendete diagonalmente, questa volta tornando indietro. Quindi un nuovo spit o un naturale sulla parete opposta per la verticale, che termina su un traverso fisso (in totale 30 metri di corda, consigliabile un passafiletti). NON scendete fino alla base del meandro. Seguite il traverso e continuate in libera su dei grossi massi, fino ad incontrare una corda che sale. Alla base della corda è presente uno spit con cui è possibile allestire un ulteriore traverso. Sulla parete In alto a sinistra una grossa freccia indica il punto da cui scendere, cui segue un traverso fisso. Adesso l’armo per scendere va allestito con una 35 sulla parete a destra e si arriva nuovamente all’acqua. Seguitela per un po’ quindi si incontra una nuova calata in prossimità di un grosso masso sulla destra e con una cascata sotto, da approntare con una corda da 20, con un frazionamento su fix molto disassato per evitare l’acqua (scendendo, sulla parete a destra). Una volta alla base, seguite nuovamente l’acqua, ma questa volta tenendovi alti. Dove allarga e fa un gomito a destra rimanete molto alti e dirigetevi verso il sasso incastrato a mezz’aria. Continuate ad avanzare salendo leggermente fino a trovare un imbocco a sinistra dalla sezione obliqua che si affaccia con un saltino su un lago (1 fix e 10 metri di corda). SIETE FUORI DALL’INFERNO!!!

Finalmente l’ambiente si allarga e diventa anche il meritato premio per così tanta fatica: laghetti cristallini si alternano a spiagge sabbiose, accompagnato da uno stillicidio rilassante che fa da colonna sonora. L’acqua ci guida al lago Astrulo: non ci si può sbagliare, è lui, profondo e nero come la notte degli speleo, primo fondo di Astrea finché non è stato scoperto il suo by pass alto. Dalle spiaggette precendenti il lago, l'imbocco del bypass si trova risalendo uno scivolo sulla destra, facilmente arrampicabile e con spit terminale per fare sicura a chi segue. Salite ancora un secondo scivolo con un evidente anello di corda in cima utile per disarmare in doppia. Una volta in cima si avverte una discreta corrente d'aria, segno che la via è quella giusta. Superate i laghetti con le aragoniti, fino ad incontrare una freccia discendente in uno scivolo a sinistra e uno sfondamento che dà su un meandro a destra. Finito lo scivolo, sempre a sinistra, una nuova freccia invita a ripiegare dentro il meandro che si vedeva dall'alto e che va percorso alla base per una decina di metri. Siete alla fine del bypass. Una nuova verticale di circa 15 metri vi ributta appena oltre l’Astrulo. Qui termina nostro malgrado anche il secondo capitolo: corde in più per sicurezza ne avevamo… ma non sono bastate. Il capitolo finale va preparato con un po’ di malizia: l’idea di passare nuovamente 6/7 ore tra andata e ritorno nell’Inferno di Cristallo non piace a nessuno. Totale ore: 26.




Foto del Lago Pisa

Foto del meandro di San Ranieri

Foto dell'ingresso di Astrea

Foto 2 del Lago Pisa

Foto 3 del Lago Pisa

Foto di meandro

Foto del campo base

Capitolo 3 Il Lago Sifone.

Che Buca di V si congiunga col Bagnulo e poi, di conseguenza, con Astrea proprio nella zona dei laghi, appena oltre l’Astrulo, è cosa nota da tempo. Perché andare nuovamente a dannarsi nel corpo e nello spirito nell’Inferno di Cristallo quando possiamo scendere agevolmente per pozzi? Il dubbio non ci assale nemmeno per un istante: la decisione è presa. Il fondo lo facciamo passando da Buca di V. Fra l’altro non piove da una decina di giorni e, di conseguenza, il collo d’oca di Belleville è percorribile. Il gruppo, stavolta, si è notevolmente assottigliato: vuoi per i ricordi del secondo capitolo, vuoi per la durata prevista (almeno una ventina di ore), vuoi per acciacchi fisici e impegni vari, siamo in 5 con 5 sacchi stracolmi. Prima di partire raccogliamo la scheda d’armo, dal Centenario al fondo, pubblicata sul Talp numero 16; le informazioni a memoria di Simone Grassi dei massesi; rilievi, piante e sezioni; le immancabili memorie del Giuntoli per i laghi finali.

La sorpresa è al Centenario: completamente armato tanto da farci dubitare di aver sbagliato pozzo. L’ambiente e la profondità alla base hanno poi fugato ogni dubbio. Da qui, seguendo l’acqua, si arriva fra meandri facili e saltini alla zona dei laghi: il nuovo arrivo d’acqua proviene da Astrea, seguendo la corrente proseguiamo per il fondo. L’ambiente è lo stesso di Astrea zona lago Astrulo con laghetti, spiagge di sabbia, e sempre l’acqua cristallina da seguire e superare con traversi aerei fissi (quindi ventennali) o direttamente con i piedi a mollo. Lago 1: uno spigolo si affaccia sul lago fino quasi al centro, e si supera con un traverso fisso. Lago 2: una corda indica il punto in cui il lago ha la sua profondità minima di circa 20 cm. Lago 3: il sifone terminale, le foto di rito, e nemmeno il tempo di congratularci fra noi che dobbiamo pensare a risalire: abbiamo accumulato già più ore del previsto.

Tanto per non farci mancare niente, intorno alle 15.00 della domenica sperimentiamo l’esperienza del terremoto in grotta: un boato sordo, lungo, che ci fa capire cosa sta succedendo ma, stranamente, niente sussulta, niente si muove e, fortunatamente, niente ci casca sulla testa. Esperienza che rinnoviamo un paio d’ore dopo e che, in superficie, ha contribuito a mettere in ansia chi ci aspettava. All’uscita, dopo 31 ore, troviamo ad accoglierci membri preoccupati del nostro gruppo assieme a quelli del soccorso: la storia, una volta tanto, è a lieto fine.

Ringraziamenti: ovviamente a tutti i partecipanti, nessuno escluso, a Chiara Vannucci del Gsav (anche per il trapano), a Simone Grossi (per le dritte), al Giuntoli e al Mancini (per la biblioteca più fornita del nostro Gruppo… anche se resta il dubbio: ma il Sivelli è suo o del Gruppo?)

P.S.: nelle lunghe attese sui pozzi, si sa, si pensa ugualmente alla grotta… e pensa che ti ripensa la via più semplice per arrivare al lago sifone è questa: Astrea fino al Cuore Nero escluso, si gira per i 3 porcellini e si va verso la recente congiunzione con Buca di V. Si sbuca appena oltre Belleville (così non si fanno passaggi stretti a rischio allagamento) e poco prima dell’incrocio col Peyote (così si evita anche questa possibilità) e ci si dirige di gran carriera al Centenario. Stima: “veramente” una ventina di ore al massimo.




Foto dell'ingresso del Bagnulo

Foto della congiunzione Bagnulo/Astrea

Foto della partenza del pozzo centenario

Foto del meandro Bellville

Foto del Lago Sifone

Foto 2 del lago sifone

stop view
/
      powered by ozio gallery


      Pascal GSPI

      Andrea GSPI